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dai GIORNALI di OGGI

WHY NOT chiuse le indagini

Verso l'archiviazione per Romano Prodi Inviati 106 avvisi di conclusione

2008-12-17

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Dalessandro Giacomo

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CORRIERE della SERA

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2008-12-17

coinvolti politici di entrambi gli schieramenti

Inchiesta "Why Not", chiuse le indagini

Verso l'archiviazione per Romano Prodi

Inviati 106 avvisi di conclusione: tra i destinatari Loiero e Chiaravalloti. Esclusi l'ex premier, Gozi e Scarpellini

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NOTIZIE CORRELATE

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Saladino, spunta l'agenda con i nomi dei politici (5 dicembre 2008)

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"Why Not", guerra tra procure. Napolitano chiede notizie (4 dicembre 2008)

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"Nessuna prova su Mastella e Prodi" (8 marzo 2008)

CATANZARO - La Procura generale di Catanzaro ha chiuso il fascicolo d'indagine relativo all'inchiesta "Why Not" e sono stati inviati avvisi di conclusione a 106 indagati (molti dei quali, come il presidente calabrese Loiero, avevano già ricevuto l'avviso di garanzia nei mesi scorsi). Nessuna notifica a Romano Prodi, per cui si profila dunque l'ipotesi di richiesta di archiviazione da parte del gip. Sarebbero destinati a uscire dall'inchiesta anche il parlamentare del Pd Sandro Gozi e Pietro Scarpellini.

Agazio Loiero (Emblema)

Agazio Loiero (Emblema)

LOIERO E CHIARAVALLOTI - Tra i destinatari degli avvisi figurano invece nomi di enorme rilievo, come il presidente della Calabria Agazio Loiero, l'ex presidente Giuseppe Chiaravalloti, assessori ed ex assessori regionali, consiglieri, il sindaco di Cosenza Salvatore Perugini, politici, funzionari regionali. Tra i destinatari figura inoltre il deputato del Pdl Giovanni Dima, ex consigliere regionale di An in Calabria.

ALTRI NOMI - Altri coinvolti sono il capogruppo del Pd alla regione ed ex vice presidente della giunta Nicola Adamo; il consigliere regionale e imprenditore Sergio Abramo, candidato del centrodestra alle presidenza della Regione nelle elezioni del 2005; l'ex consigliere regionale Domenico Basile, di An; l'ex consigliere regionale dell'Udc Dioniso Gallo; il consigliere regionale di Fi Giuseppe Gentile; gli assessori regionali Luigi Incarnato dello Sdi e Mario Pirillo del Pd; l'ex assessore alla Sanità Giovanni Luzzo, dell'Udc; il consigliere regionale di An Franco Morelli; l'ex parlamentare dell'Udeur Ennio Morrone; il consigliere regionale di Fi Antonio Pizzini; il consigliere regionale di An Antonio Sarra; l'ex assessore regionale all'Ambiente dei Verdi Diego Tommasi e l'ex assessore regionale dell'Udeur Pasquale Maria Tripodi. Infine ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini la superteste dell'inchiesta "Why Not", Caterina Merante, cui viene contestata la violazione della legge in materia di occupazione e mercato del lavoro. Con le sue dichiarazioni all'allora pm di Catanzaro Luigi de Magistris, Merante aveva dato il via all'inchiesta poi avocata dalla Procura generale.

LE ACCUSE - Con la chiusura dell'inchiesta l'indagine entra nella fase decisiva. Gli indagati avranno 20 giorni di tempo dalla notifica per chiedere di essere sentiti o per depositare memorie difensive. Quindi la Procura deciderà se chiedere il rinvio a giudizio o il proscioglimento dei singoli. Nell'atto, previsto come atto conclusivo delle indagini preliminari, sono ipotizzati numerosi reati: dall'associazione per delinquere all'abuso d'ufficio, alla turbata libertà degli incanti, dalla truffa alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dalla frode nelle pubbliche forniture al peculato, dalla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio all'istigazione alla corruzione, dall'estorsione alla falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Nel provvedimento gli indagati sono raggruppati per capitoli in relazione alla vicenda che li riguarda, con l'enunciazione dell'ipotesi di accusa. Alcuni indagati sono accusati di più reati.

PRODI E MASTELLA - Già a marzo di quest'anno la Procura di Catanzaro aveva chiesto al gip l'archiviazione per le accuse riguardanti Prodi e l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella. Entrambi erano stati iscritti nel registro degli indagati da de Magistris, che ipotizzava nei loro confronti l'accusa di abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte frodi milionarie ai danni dell'Unione Europea.

17 dicembre 2008

 

 

 

 

 

 

Gli atti - l'inchiesta dei pm di salerno

Saladino, spunta l'agenda

con i nomi dei politici

La testimone: "In almeno tre occasioni Antonio mi parlò di incontri avuti con Mancino"

Il pm Luigi De Magistris (Ansa)

Il pm Luigi De Magistris (Ansa)

ROMA — Stavolta a dirlo sono le carte della procura di Salerno e le agende di Antonio Saladino. Luigi De Magistris aveva puntato le indagini verso un intreccio potente di interessi. Un grumo di affari, potere, amicizie eccellenti che metteva d'accordo politici di maggioranza e opposizione, magistrati e imprenditori contigui alla mafia, generali e vescovi con l'aiuto di raffinati tessitori. Per questo le sue inchieste "Why Not", "Poseidone " e "Toghe Lucane" dovevano essere sottratte a lui, frantumate e disperse.

Le accuse

L'inchiesta che scuote il mondo politico e istituzionale fino al Colle riparte da lì. Dalle accuse del magistrato, nel frattempo spogliato delle indagini e trasferito a Napoli. Poi ripercorre il filo delle sue inchieste che si incentrano sulla figura di Antonio Saladino, "punto apicale di Cl e della Compagnia delle Opere della Calabria". E tra i vorticosi contatti spunta il nome del vicepresidente del Csm, che ha sempre sostenuto di aver incontrato Saladino una sola volta nell'85, presentatogli da un giovane candidato alle elezioni. C'è la telefonata "di ben 183 secondi " partita dall'utenza di Mancino e giunta a Saladino, che l'ex presidente del Senato ha precisato venne compiuta da un suo collaboratore. Ma di lui parla anche Caterina Merante, socia di Saladino: la testimone dalla quale è scaturita tutta l'indagine. "Nel corso di questi anni in almeno tre occasioni Antonio Saladino ha avuto modo di riferirmi di incontri da lui avuti con Nicola Mancino, anche quando era presidente del Senato".

Le agende di Saladino

Il 26 febbraio 2008 De Magistris ricostruisce la rete di relazioni di Saladino attraverso la consultazione delle agende che lui stesso aveva sequestrato durante una perquisizione all'indagato. Le agende sono poi state trasmesse alla procura di Salerno. Dagli appuntamenti emerge un quadro molto più ramificato di quanto si era pensato ai tempi dell'indagine su Prodi quando spuntarono i nomi del senatore di Forza Italia Pittelli, di Luigi Bisignani, del generale della GdF Poletti. Saladino aveva rapporti bipartisan. Si va da "La Torre, numero progressivo 04, credo esponente ds molto vicino all'on. D'Alema". Interessante per il pm l'incontro La Torre e Valerio Carducci "collegamento del Saladino con gli ambienti politici romani". Al numero 07 "il generale della Guardia di Finanza Adinolfi. Sul quale — riferisce De Magistris — stavamo concentrando l'attenzione proprio quando è intervenuta l'avocazione". Al numero 09 il nominativo "ritengo, dell'onorevole Minniti". Poi vicino a quello di Carducci. Il 12 luglio appuntamento con Mastella. E un "incontro con un vescovo". Il 26 ottobre "riferimento all'ex ministro dell'Interno Pisanu, all'europarlamentare Sandro Gozi (vicino a Prodi). Nelle agende anche i nomi dei "coniugi Bassolino" (n.85). Il fratello dell'ex ministro Antonio Marzano (96). E dell'attuale ministro Renato Brunetta. Al numero 115 si annota: "Carducci da Corrias/ Alemanno; Pisanu Angelo X Ancitel; Poletti".

I politici

Nello svolgimento delle indagini emergono molti altri politici contattati da Saladino. Si va dall'ex segretario ds Nicola Adamo a Francesco Rutelli, ai presidenti della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero, ai quali Saladino promette voti. De Magistris parla anche della società Tesi, "riconducibile alla moglie dell'ex segretario Ds" che aveva avuto commesse nell'informatica, nella sanità e nell'ambiente. In essa figurano "rappresentanti di quasi tutti i partiti politici. Dalle sinistre "alla famiglia Abramo, Sergio già sindaco di Forza Italia, Why not, riconducibile all'epoca a Saladino il quale aveva rapporti di affari stretti e intensi con la cosiddetta Loggia di San Marino e gli ambienti molto vicini al presidente del Consiglio Prodi".

A far scalpore sono però soprattutto le accuse di De Magistris ai colleghi. Non ha risparmiato nessuno. Rammaricandosi anche per il mancato intervento del presidente della Repubblica "un intervento che avevo auspicato pubblicamente". Nelle 1800 pagine di decreto di perquisizione e sequestro, le accuse sono tutte nero su bianco.

Contro i colleghi

Il 12 novembre 2007 De Magistris accusa i colleghi: "Togliendomi Poseidone mi hanno voluto lanciare un messaggio per cercare di fermarmi perché ancora non sapevano ancora del livello che avevano raggiunto Toghe Lucane e Why Not".

Per questo "hanno dovuto accelerare la mia richiesta di trasferimento cautelare e qui si innestano poi, evidentemente, anche delle sinergie istituzionali perché è ovviamente inquietante il silenzio istituzionale sulla vicenda, per esempio, del trasferimento cautelare e in qualche modo il coinvolgimento di Prodi e Mastella (indagati da De Magistris ndr)... Io credo che non si sia mai visto che un Ministro della Giustizia chieda il trasferimento cautelare di un magistrato che indaga sul Presidente del Consiglio di cui lui è ministro e che regge in modo determinante la maggioranza che è un po' fragile e soprattutto che chiede il trasferimento di chi sta lavorando in qualche modo su di lui... e il ministro Mastella lo sapeva benissimo, intercettazioni che lo riguardavano direttamente... quindi vuol dire che necessariamente si è disposti anche a mettere sul tappeto il rischio di una rottura istituzionale sui rapporti tra esecutivo e Magistratura o anche una rivolta dell'opinione pubblica o dei magistrati a fronte di un atto così grave...".

I legami d'affari

Il pm De Magistris denuncia anche legami di tipo affaristico che si consolidano attraverso la costituzione dell'Istituto per il turismo del Sud e la nuova Merchant spa con il supporto della Banca Nuova Spa con sede in Palermo. "È questo il caso della Free foundation for research on european economy".

Virginia Piccolillo

05 dicembre 2008

 

 

 

Catanzaro Chiuso il filone dell'indagine avviata da de Magistris

"Why not: nessuna prova

su Mastella e Prodi"

La procura generale chiede l'archiviazione. Il premier

e l'ex ministro della Giustizia sono indagati a Catanzaro

 

CATANZARO — La Procura generale di Catanzaro ha chiesto al gip l'archiviazione per le accuse riguardanti il presidente del Consiglio Romano Prodi e l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella.

Entrambi erano stati iscritti nel registro degli indagati dal sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris, che ipotizzava nei loro confronti l'accusa di abuso d'ufficio. Il presidente Prodi e l'ex ministro erano indagati nell'ambito dell'inchiesta Why not condotta dal pm catanzarese, sulle presunte frodi milionarie ai danni dell'Unione Europea. L'indagine era stata successivamente avocata dal procuratore facente funzioni Dolcino Favi. Per il pg c'era un evidente conflitto d'interessi perché de Magistris aveva iscritto nel registro degli indagati il ministro Mastella, dopo che quest'ultimo aveva chiesto al Csm il suo trasferimento cautelare.

L'indagine era finita sul tavolo di un pool di magistrati, coordinati dal procuratore generale Vincenzo Iannelli che, come primo atto, ha inviato il fascicolo relativo alla posizione dell'ex ministro Mastella ai colleghi della Procura di Roma. La procura generale aveva ipotizzato che il presunto reato commesso dall'ex Guardasigilli si fosse verificato durante la sua permanenza al ministero di via Arenula. I magistrati romani sono stati di parere opposto e senza interpellare il tribunale dei ministri, hanno rispedito le carte ai colleghi di Catanzaro.

Sia il presidente Romano Prodi e sia l'ex Guardasigilli finirono nel registro degli indagati per una loro presunta amicizia con Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere del Sud Italia, principale imputato nell'inchiesta Why Not. Durante una perquisizione in casa dell'imprenditore, in una agenda, furono trovati dei numeri di telefono riconducibili, secondo l'accusa, al premier e all'ex ministro. In particolare Clemente Mastella era stato tirato in ballo per alcune telefonate a Saladino, ma dall'esame di quelle telefonate — hanno stabilito i magistrati di Roma — c'era solo la prova di un rapporto d'amicizia.

Con la richiesta di archiviazione la procura generale ha sciolto i dubbi sull'ipotesi accusatoria anche per Prodi. Il presidente del Consiglio, infatti, non ha avuto, per i magistrati, nessun ruolo in quel "comitato d'affari" che avrebbe dovuto gestire i fondi europei. L'iscrizione nel registro degli indagati era stata decisa perché dal riscontro dei tabulati telefonici è risultato che alcune persone indagate, e considerate vicine a Prodi quando questi era presidente della Commissione Europea, utilizzavano un telefono che risultava in uso al premier. Gran parte dell'inchiesta Why Not è fondata sulle intercettazioni telefoniche. In più occasioni il Tribunale della Libertà intervenendo su questa prova specifica ha usato la mano pesante indicando la "fumosità " del quadro probatorio.

Carlo Macri

08 marzo 2008

 

REPUBBLICA

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2008-12-17

La procura di Catanzaro ha notificato la chiusura delle indagini

a oltre cento persone. Tra destinatari anche il presidente Loiero

Why not, inchiesta chiusa

verso archiviazione per Prodi

 

Why not, inchiesta chiusa verso archiviazione per Prodi

Romano Prodi

CATANZARO - La procura generale di Catanzaro ha chiuso l'inchiesta Why Not e, stando alle indiscrezioni, è orientata a chiedere l'archiviazione della posizione di Romano Prodi. Da fonti giudiziarie si è appreso che la chiusura delle indagini è stata notificata a oltre 100 persone coinvolte nell'inchiesta che riguarda esponenti politici nazionali e locali, imprenditori e faccendieri sospettati dell'illecita gestione di risorse pubbliche. Tra queste non figurerebbe l'ex presidente del Consiglio, per il quale la procura, sempre secondo quanto trapela dagli uffici catanzaresi, avrebbe chiesto l'archiviazione.

L'inchiesta, avviata dall'allora sostituto procuratore Luigi De Magistris, era stata poi sottratta al pm, nel frattempo trasferito a Napoli, e avocata dalla procura generale. Il sequestro degli atti da parte della procura di Salerno aveva innescato il conflitto fra la magistratura calabrese e quella campana scoppiato un paio di settimane fa.

Con la chiusura dell'inchiesta e l'emissione degli avvisi di conclusione per gli indagati (molti dei quali avevano già ricevuto l'avviso di garanzia nei mesi scorsi, come il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero), l'indagine entra nella fase decisiva. Gli indagati avranno 20 giorni di tempo dalla notifica per chiedere di essere sentiti o per depositare memorie difensive. Quindi la procura generale deciderà se chiedere il rinvio a giudizio o il proscioglimento dei singoli indagati.

Nell'atto, previsto dal codice di procedura penale come atto conclusivo delle indagini preliminari, sono ipotizzati, a vario titolo, numerosi reati: dall'associazione per delinquere all'abuso d'ufficio e alla turbata libertà degli incanti, dalla truffa alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dalla frode nelle pubbliche forniture al peculato, dalla corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio all'istigazione alla corruzione, dall'estorsione alla falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici.

Nel provvedimento gli indagati sono raggruppati per capitoli in relazione alla vicenda che li riguarda, con l'enunciazione dell'ipotesi di accusa. Alcuni indagati sono accusati di più reati.

L'avviso di conclusione è stato emesso nei confronti, tra gli altri dell'ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Chiaravalloti, di assessori ed ex assessori regionali, consiglieri, del sindaco di Cosenza Salvatore Perugini, di politici, funzionari regionali. Tra i destinatari figurano anche il deputato Giovanni Dima, del Pdl, ex consigliere regionale calabrese di An, il capogruppo del Pd alla Regione ed ex vice presidente della giunta, Nicola Adamo; sua moglie Enza Bruno Bossio; il consigliere regionale e imprenditore Sergio Abramo, candidato del centrodestra alle presidenza della Regione nelle elezioni del 2005.

E ancora l'ex consigliere regionale Domenico Basile, di An; l'ex consigliere regionale dell'Udc Dioniso Gallo; il consigliere regionale di Fi Giuseppe Gentile; gli assessori regionali Luigi Incarnato dello Sdi e Mario Pirillo del Pd; l'ex assessore alla sanità Giovanni Luzzo, dell'Udc; il consigliere regionale di An Franco Morelli; l'ex parlamentare dell'Udeur Ennio Morrone; il consigliere regionale di Fi Antonio Pizzini; il consigliere regionale di An, Antonio Sarra; l'ex assessore regionale all'ambiente dei Verdi Diego Tommasi e l'ex assessore regionale dell'Udeur Pasquale Maria Tripodi.

(17 dicembre 2008)

 

 

 

 

L'UNITA'

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2008-12-17

 

Why Not, indagini chiuse: avviso per Loiero, archiviazione per Prodi

Giro di vite sull'inchiesta Why Not. La Procura di Catanzaro ha infatti concluso l'indagine sottratta al pm De Magistris nell'ottobre del 2007, notificando a 106 persone coinvolte il procedimento di chisura. Secondo quanto trapela dagli stessi uffici dei magistrati catanzaresi, tra i destinatari dell'avvsio non figurerebbe l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi, per il quele la Procura sarebbe orientata a chiedere l'archivazione. Tra le persone coinvolte ci sarebbero invece nomi di rilievo della politica calabrese. Tra questi anche il presidente della regione Agazio Loiero (nella foto), l'ex presidente Giuseppe Chiaravalloti, il capogruppo del Pd alla regione Nicola Adamo, il consigliere regionale ed imprenditore Sergio Abramo, candidato del centrodestra alle presidenza della Regione nelle elezioni del 2005, il sindaco di Cosenza Salvatore Perugini, il deputato del Pdl Giovanni Dima (ex consigliere regionale di An in Calabria) e altri assessori, consiglieri, politici, funzionari regionali appartenenti a diversi partiti.

 

Per l'ex premier Romano Prodi, e anche per per l'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, coinvolto anch'egli nell'inchiesta Why Not - già a marzo del 2008 la Procura di Catanzaro aveva chiesto al gip l'archiviazione. Entrambi erano stati iscritti nel registro degli indagati da De Magistris, che ipotizzava nei loro confronti l'accusa di abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte frodi milionarie ai danni dell'Unione Europea. Per quanto riguarda Prodi, in particolare, i magistrati calabresi ritenevano l'ex presidente del Consiglio estraneo da quel "comitato d'affari" che avrebbe dovuto gestire i fondi europei. L'iscrizione nel registro degli indagati era stata decisa perché dal riscontro dei tabulati telefonici è risultato che alcune persone indagate, e considerate vicine a Prodi quando questi era presidente della Commissione Europea, utilizzavano un telefono che risultava in uso al premier.

Gran parte dell'inchiesta Why Not è fondata sulle intercettazioni telefoniche. In più occasioni il Tribunale della Libertà, intervenendo su questa prova specifica, aveva usato la mano pesante indicando la "fumosità " del quadro probatorio. L'indagine era stata successivamente avocata dal procuratore facente funzioni Dolcino Favi. Per il pg, sussisteva un evidente conflitto d'interessi per De Magistris, che aveva iscritto nel registro degli indagati il ministro Mastella, dopo che quest'ultimo aveva chiesto al Csm il suo trasferimento cautelare.

17 dicembre 2008

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2008-12-17

 

 

 

 

 

 

 

 

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2008-10-31

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2008-10-31

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